martedì 29 maggio 2007

Sulla stessa barca - voci dal porto di Trieste



Sulla stessa barca
voci dal Porto di Trieste


scritto e diretto da Pietro Orsatti

Continuazione ideale del percorso iniziato con il il documentario sul porto di Genova (De Mä - trasformazione e declino) questo reportage affronta la realtà del lavoro e degli appalti delle privatizzazioni nel porto di Trieste.
La privatizzazione degli scali italiani è stata fra le più radicali e profonde mai attuate in Italia. Una privatizzazione non governata: si è passati da un sistema porto dai grandi conflitti e dove aveva cittadinanza anche le più estreme forme di corporativismo come quelle dei lavoratori portuali delle Compagnie degli anni ’70, a un Far West senza un governo e con sempre meno diritti. A Trieste la Compagnia si è trasformata da ente di diritto pubblico a impresa passando da 1600 a 80 soci in meno di 15 anni. E contemporaneamente si è costruita una rete di circa 15 cooperative ciascuna in concorrenza con tutte le altre imprese operanti in porto. Se a metà degli anni ’80 un portuale portava a casa in media 3 milioni al mese oggi con fatica arriva ai 1000 euro.
La funzione di governo, il dominus del porto, è affidato all’Autorità Portuale, e le cariche come spesso accade in Italia sono di nomina politica. A volte può andare bene, può capitare che nell’allegra distribuzione delle poltrone una persona competente si ritrovi al posto giusto, altre volte invece ci si può trovare a casi quantomeno bizzarri: fino a tutto il 2006 il presidente dell’Autorità di Trieste è stata Marina Monassi (in quota al centro destra) biologa e nonostante precedenti incarichi al Ministero della Marina mercantile, senza l’adeguata esperienza nella gestione di un demanio complesso come quello di un porto e senza specifica formazione nel settore delle infrastrutture logistiche. Questi i punti dai quali decolla il racconto del del documentario.


E SU ARCOIRIS.TV puoi scaricarlo e vederlo in vari formati e puoi votarlo per mandarlo sul satellite

See RealPlayer format - ADSL See Windows Media Player format - ADSL Listen to MP3 format



Segnala errore

venerdì 13 aprile 2007

Morte bianca nel porto di Genova

Si chiamava Enrico Formenti ed aveva 40 anni l'uomo che stamani e' rimasto schiacciato da una
balla di cellulosa del peso di circa due tonnellate, al terminal Forest di Ponte Somalia. Formenti era uno uno dei responsabili operativi del terminal.
Secondo le prime indagini compiute da Polmare e Asl, che e' l'organo di vigilanza in ambito di prevenzione e sicurezza sul lavoro, pare che Formenti stesse smarcando gli imballaggi per conto di un cliente o per una destinazione. In pratica, probabilmente, faceva un'operazione di controllo e non di movimentazione.
Le balle in quell'area erano accatastate una sull'altra per un'altezza complessiva di circa 8 metri. La pila da cui e' precipitata la balla che ha schiacciato il portuale era poggiata su dei supporti in legno mentre in un'altra zona erano impilati a pavimento.
Una balla e' improvvisamente piombata addosso a Formenti; quando e' intervenuto il primo soccorritore l'uomo era gia' morto.
Sul posto, oltre a Polmare, Asl e Capitaneria di Porto e' intervenuto anche il pm Walter Cotugno che ha disposto il sequestro sia dell'area in cui e' accaduto l'infortunio mortale sia di un'ampia parte del terminal dove vi e' il deposito di stoccaggio, un'area di 200 metri per 50 circa, dove sono accatastate tutte le balle. Questo, e' stato spiegato in Procura, al fine di verificare che i 'pacchi' di cellulosa siano in sicurezza.

LA GALLERIA DI FOTO DEL BLOCCO IN CORSO


blocco porto di genova

----


La morte di Enrico Formenti, il terminalista del porto di Genova deceduto oggi sotto una balla di cellulosa al terminal frutta, è l'ultimo di una lunga serie di infortuni che hanno colpito negli ultimi anni lo scalo ligure. I dati sono impressionanti. In nove anni si sono verificati ben 25 incidenti mortali solo fra i portuali: questo numero cresce in modo impressionante (24 decessi in 5 anni) se si aggiungono le altre morti avvenute sempre "in porto" ma in altre categorie: operai, marittimi di bordo, camionisti.
Un altro dato, riferito alla sola Compagnia Unica, la categoria numericamente più importante del porto di Genova con circa 1000 persone impiegate, non lascia dubbi sulla pericolosità del lavoro nei terminal oggi: una ricerca della Bocconi realizzata alla fine degli anni '90 parlava di circa 700 infortuni l'anno, di varia gravità, su mille lavoratori.
Quello della sicurezza, insieme al salario, rappresenta uno dei parametri più sensibili per la valutazione del reale stato della portualità italiana. Il numero di incidenti nel resto dei porti europei storici è di gran lunga inferiore a quello italiano, e un portuale greco, spagnolo o francese ha un trattamento economico tre volte maggiore di un suo collega italiano.
Il sistema portuale nel nostro paese è in crisi da almeno cinque anni. Mentre gli altri porti del Mediterraneo crescono in proporzione all'attuale incremento dei traffici di merci (si prevede il raddoppio entro il 2025), i porti italiani sono fermi, o in deficit, rispetto alle movimentazioni della fine degli anni '90. La crisi economica e strutturale del comparto logistico portuale si trasferisce nel progressivo degrado anche della qualità del lavoro, della sicurezza e dei diritti. "Se si dovessero applicare alla lettera le norme di sicurezza previste dalle normative internazionali – racconta Massimo Meucci, portuale e segretario di uno dei circoli di lavoratori di Prc a Genova – il porto, qualsiasi porto, si fermerebbe". Mentre molto spesso il lavoro non si ferma nemmeno davanti a incidenti mortali, come racconta Luca, un altro portuale: "Ho visto morire un ragazzo schiacciato fra due "ralle". Lo sai cosa hanno fatto? Ai tempi di mio padre avrebbero bloccato il porto, e invece hanno coperto la pozza di sangue con la segatura e hanno continuato a lavorare".
La sicurezza in porto è legata a numerosi fattori, dalla manutenzione allo stato delle navi da caricare e scaricare, dalle condizioni generali di lavoro all'uso di straordinari e "doppi turni". Il lavoro è diviso su quattro turni a coprire l'intero arco della giornata. Spesso, quando ci sono flussi di lavoro intensi, la "chiamata" è ravvicinata. Un turno, poi sei ore di riposo, un altro turno, altre sei ore e così via. Quando la turnazione è così intensa è inevitabile che la stanchezza e la concentrazione cali pericolosamente. E in questo caso è facile provocare un incidente o esserne vittima.
"Quello che manca sono le regole, delle regole vere – dichiara Bruno Rossi, sindacalista e ex dirigente della Compagnia Unica – Nei terminal, oggi, di fatto chi decide anche della sicurezza è soltanto l'impresa, che risponde esclusivamente alle logiche del profitto". E' la logica delle privatizzazioni, confermata e descritta anche dalla pubblicistica ufficiale.
"Gli Enti Portuali si sono ritirati da ogni funzione operativa, trasformandosi in Autorità Portuali e le Compagnie Portuali, che operavano come organismi "di fatto" di natura pubblica, sono diventate imprese di diritto privato – Si legge in Operazione Mediterraneo, documento dell'Ancip, l'associazione che raccoglie le compagnie portuali - mentre la gestione delle operazioni portuali è stata affidata a società private. E' difficile trovare nel contesto italiano un processo analogo di devolution, di privatizzazione e di apertura al mercato così radicale e contemporaneo".
Se oggi, dopo la morte di Formenti, il porto è bloccato lo si deve anche all'esasperazione e al disagio accumulato da molti lavoratori: già nei due giorni precedenti la tragedia si erano verificati altri quattro infortuni più o meno gravi. E non solo. Alcuni lavoratori si erano esposti personalmente proprio nelle scorse settimane per denunciare la situazione di degrado ricevendo intimidazioni e pressioni per ritirare le proprie dichiarazioni: si era arrivati addirittura a scritte intimidatorie in porto e in alcuni casi si è giunti a passi formali da parte delle aziende con minacce di provvedimenti disciplinari a chi aveva avuto il coraggio di parlare.

lunedì 26 marzo 2007

Non si ammazzano così neanche i camalli - da Left e Altern@tivamente

Imagedi Pietro Orsatti
Reportage porto di Genova, realizzato durante la lavorazione del film “De Mä, trasformazione e declino”.
La nave trasporta tubi di acciaio. Sono lì, sul fondo della stiva, in gran parte sciolti. Per raggiungerli bisogna calarsi per una scaletta ricavata sulla paratia, verticale. Si scende senza una sicurezza. Non ci sono imbragature o corde o moschettoni: si scende e basta.
Leggi tutto...

lunedì 19 marzo 2007

DE MÄ – TRASFORMAZIONE O DECLINO



GUARDA IL FILM ANCHE SU ARCOIRIS.TV



Uno dei settori che hanno pagato di più le trasformazioni degli anni '80 è sicuramente quello del lavoro marittimo. Ci si trova davanti al paradosso di un settore storicamente fondamentale per la nostra economia diventato praticamente assente oggi sia nello scenario domestico che in quello internazionale. Un'assenza non reale (il settore numericamente è in crescita e si prevede praticamente il raddoppio del traffico container nel Mediterraneo entro il 2015/2020) ma indotta e in qualche modo imposta. In realtà la deregulation nel nostro paese dell'intero settore portuale è in essere da più di 15 anni. Deregolamentazione contrattuale (e nessuno vero e proprio contratto collettivo fino a pochissimi anni fa che, anche se oggi esistente, in alcune realtà come il Porto di Genova non viene molte volte applicato) e precarietà, turni massacranti, uso intensivo di orari di straordinario spesso non retribuiti o retribuiti come ore normali, sicurezza in declino, nessuna assistenza ai lavoratori, frammentazione: un quadro desolante oggi per quella che era considerata una categoria particolare, quasi una "aristocrazia" del movimento operaio.

Da queste premesse nasce il documentario “DE MÄ – TRASFORMAZIONE O DECLINO”, scritto e diretto da Pietro Orsatti con la produzione di SenzaMedia – progetto collettivo di comunicazione e la collaborazione di Arcoiris.tv, che lo renderà disponibile il streaming sul sito www.arcoiris.tv e manderà in onda sul canale Arcoiris.tv (Sky 916) il dibattito della presentazione avvenuta il 16 marzo a Genova.

DVD
costo euro 15 compresa spedizione postale
inviare conto corrente postale numero 25402280
intestato a ASSOCIAZIONE MAREA

E' molto importante SPECIFICARE CAUSALE "DVD FILM DE MA" e indicare dove spedire il Dvd

CD Dvix (formato Xvid)
costo euro 10 compresa spedizione postale
inviare conto corrente postale numero 25402280
intestato a ASSOCIAZIONE MAREA

E' molto importante SPECIFICARE CAUSALE "Dvix FILM DE MA" e indicare dove spedire il CD